Estratto dall’articolo di presentazione della mostra Verità S-Velate, scritto dalla critica d’arte Silvana Nota:
“(…) La bellezza che nasce, senza essere cercata come tale, da un contenuto forte; la bellezza di cui parlano i saggi di molte epoche che sgorga dall’interiorità. E’ questo l’impatto, suggestivo e misterioso, intimista e colto, suscitato dall’opera di Cabì, che estrinseca la propria arte scultorea, rappresentando con forme plastiche spinte verso l’alto e il fondersi del gesso con l’oro e il nero, l’energia che muove ogni essere vivente, spingendolo ad ascendere a piani di percezione sempre più alti e luminosi.
Artista autentica, riservata, elabora in una sorta di eremitaggio filosofico interiore, il soffio che anima la materia indagando nella plasticità di forme e corpi l’energia che trascende la materia.
Una tensione verso la luce, che nella poetica dell’artista trova evidenza nella citazione della spirale, quale segno e sigillo che unisce macrocosmo e microcosmo.
Le sue sculture vivono di pensiero, di legami con la letteratura, e di parole come forza evocativa. Ogni titolo da lei scelto, è infatti parte integrante dell’opera, ed è gesto di “poesia visuale” tra le cui righe si muove con duttilità. Tutta l’espressione artistica, molto libera, personale e sperimentale, accoglie tracce dell’eredità antica come continuità esperenziale in progress tra passato, presente e futuro, quest’ultimo gravido e consapevole del lavoro svolto da chi è stato prima. C’è dunque, rarefatto e del tutto originale nel suo lavoro, il ricordo del panneggio greco, ma anche la spiritualità monacense dell’icongrafia bizantina che ha studiato e praticato, e che recupera nell’oro come significato di luce: elemento fondante che talvolta inserisce nelle opere installative tradotto in fonte luminosa artificiale.
Ma il percorso di Cabì assorbe e percepisce lo spirito di ogni tempo, dunque le sue Ligthing Sculpture che cercano nell’ombra i rimandi della Shadow Art, si svincolano da ogni tendenza prendendo vita sulle corde del suo sentire interiore che respira e si sintonizza con i cicli della natura alla ricerca di segreti cosmici e libertà dell’anima.
Esplora così i vortici energetici, la ciclicità di morte e rinascita, e lo fa con materiali semplici, senza tempo ed elaborati con interdisciplinarietà, mettendo in dialogo pittura, scultura, scrittura, e modellazione plastica.
Per ottenere questo Cabì prende a prestito la tela rafforzando la fragilità del tessuto impregnandola di gesso, evocando la materia grezza nella sua capacità di trasmutazione. Graffia e scurisce le superfici, ne esalta la ruvidità tormentata come lo spirito umano, ma poi la rende aurea in molte parti, la scava, la libera dal peso interno e fa in modo che possa contenere aria, leggerezza, spazi liberi e vorticanti, visibili dall’esterno. La prigione corporea trova nei suoi lavori il senso di una levità che pur esprimendo la reale sostanza fisica dei corpi, evoca le impressioni immaginifiche del batter d’ali di un angelo. Con determinazione e chiarezza, in tutta la sua sperimentazione Cabì cerca l’equilibrio tra materia, mente e cuore, seguendo un ritmo che vuole sintonizzarsi con altri battiti, terrestri e celesti. Il velo di Maya, l’illusione cosmica, può e deve essere allora infranto, cercando orizzonti di luce, di energie positive, di saggezze rivelate che attendono senza rumore di essere, scoperte, e appunto svelate. (…)”
Artista autentica, riservata, elabora in una sorta di eremitaggio filosofico interiore, il soffio che anima la materia indagando nella plasticità di forme e corpi l’energia che trascende la materia.
Una tensione verso la luce, che nella poetica dell’artista trova evidenza nella citazione della spirale, quale segno e sigillo che unisce macrocosmo e microcosmo.
Le sue sculture vivono di pensiero, di legami con la letteratura, e di parole come forza evocativa. Ogni titolo da lei scelto, è infatti parte integrante dell’opera, ed è gesto di “poesia visuale” tra le cui righe si muove con duttilità. Tutta l’espressione artistica, molto libera, personale e sperimentale, accoglie tracce dell’eredità antica come continuità esperenziale in progress tra passato, presente e futuro, quest’ultimo gravido e consapevole del lavoro svolto da chi è stato prima. C’è dunque, rarefatto e del tutto originale nel suo lavoro, il ricordo del panneggio greco, ma anche la spiritualità monacense dell’icongrafia bizantina che ha studiato e praticato, e che recupera nell’oro come significato di luce: elemento fondante che talvolta inserisce nelle opere installative tradotto in fonte luminosa artificiale.
Ma il percorso di Cabì assorbe e percepisce lo spirito di ogni tempo, dunque le sue Ligthing Sculpture che cercano nell’ombra i rimandi della Shadow Art, si svincolano da ogni tendenza prendendo vita sulle corde del suo sentire interiore che respira e si sintonizza con i cicli della natura alla ricerca di segreti cosmici e libertà dell’anima.
Esplora così i vortici energetici, la ciclicità di morte e rinascita, e lo fa con materiali semplici, senza tempo ed elaborati con interdisciplinarietà, mettendo in dialogo pittura, scultura, scrittura, e modellazione plastica.
Per ottenere questo Cabì prende a prestito la tela rafforzando la fragilità del tessuto impregnandola di gesso, evocando la materia grezza nella sua capacità di trasmutazione. Graffia e scurisce le superfici, ne esalta la ruvidità tormentata come lo spirito umano, ma poi la rende aurea in molte parti, la scava, la libera dal peso interno e fa in modo che possa contenere aria, leggerezza, spazi liberi e vorticanti, visibili dall’esterno. La prigione corporea trova nei suoi lavori il senso di una levità che pur esprimendo la reale sostanza fisica dei corpi, evoca le impressioni immaginifiche del batter d’ali di un angelo. Con determinazione e chiarezza, in tutta la sua sperimentazione Cabì cerca l’equilibrio tra materia, mente e cuore, seguendo un ritmo che vuole sintonizzarsi con altri battiti, terrestri e celesti. Il velo di Maya, l’illusione cosmica, può e deve essere allora infranto, cercando orizzonti di luce, di energie positive, di saggezze rivelate che attendono senza rumore di essere, scoperte, e appunto svelate. (…)”